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giovedì 28 aprile 2016

Il nuovo codice dei contratti pubblici (articolo pubblicato in Urbanistica e appalti n. 5/2016)

Pubblicato sul sito della Giustizia amministrativa un articolo della Pres. Rosanna De Nictolis dal titolo Il nuovo codice dei contratti pubblici (articolo pubblicato in Urbanistica e appalti n. 5/2016).
Questo l'abstract
E’ legge il codice dei contratti pubblici (d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50), in vigore dal 19 aprile 2016.
Arriva a dieci anni di distanza dal precedente (d.lgs. 12 aprile 2016 n. 163).
All’ultimo momento non ha preso né il nome chiesto dalla legge delega (codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione) né quello suggerito dal Consiglio di Stato (codice dei contratti pubblici), e ha ricevuto un nome ben più lungo quanto non necessario, in particolare “Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”.
Però quanto meno il “soprannome” di codice dei contratti pubblici, gli è rimasto, legificato, nell’art. 120, c. 2-bis, c.p.a.
Attua una delega lunga e complessa, il cui periodo di gestazione (anche a causa di vicende politiche connesse all’avvicendamento del vertice del Ministero competente) ha assorbito quasi tutto il biennio assegnato dal legislatore europeo per il recepimento delle tre direttive appalti e concessioni, lasciando al Governo meno di tre mesi, e coinvolgendo in una maratona consultiva tutti gli organi chiamati a dare parere.
Abroga il “vecchio” codice n. 163/2006.
Consta di 220 articoli e XXV allegati, e dovrà essere completato con le linee guida, ministeriali e dell’ANAC, oltre che con svariati altri decreti ministeriali, destinati a sostituire il precedente regolamento (d.P.R. n. 207/2010) con circa 50 atti attuativi di svariate tipologie.
Abbandona, infatti, il modello del regolamento unico di attuazione, che sarà sostituito da svariate tipologie di linee guida (dalla “dura lex sed lex” alla “soft law but law”).
Si presenta di dimensioni di poco inferiori al codice del 2006, come implementato nell’arco di 10 anni, e meno ”magro” di quanto lo fosse il codice del 2006 alla sua data di nascita.
Dovrà da subito districarsi tra il partito di chi voleva meno gold plating e quello di chi ne voleva di più.
Opera scelte di sistema che impattano anche sull’assetto delle fonti del diritto, della governance del settore, degli equilibri tra organi costituzionali.
Dovrà affrontare prevedibili questioni di costituzionalità e di compatibilità comunitaria, oltre che il banco di prova, non sempre morbido, della giurisdizione.
Soprattutto, dovrà riuscire a mantenere la promessa di semplificazione e snellezza nonostante i numerosi atti attuativi (soft law o feudalesimo normativo?).
In conclusione, legge delega e codice fanno una diagnosi corretta dei mali italiani nel settore degli appalti pubblici e prescrivono una cura appropriata: l’importante, ora, è prendere le medicine, senza ripensamenti.

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